
Attraverso un metodo che combina statistica, geologia e astronomia, hanno studiato i sedimenti che si sono accumulati sul fondo dei mari nel corso dei millenni, tenendo traccia dei cambiamenti climatici, in cui si alternavano periodi più piovosi ad altri più secchi. In questo modo, i ricercatori sono riusciti a fare un salto in un passato molto lontano della Terra, cioè a circa 1,5 miliardi di anni fa.
“Abbiamo così osservato che questi cicli erano già presenti in quell’epoca, e che alcuni di questi sono stati influenzati dalla precessione terrestre, cioè il movimento di rotazione che la Terra compie intorno al suo asse”, spiega Malinverno. Come una trottola quando gira, che descrive un cerchio mentre si muove, anche l’asse terrestre punta in direzioni diverse. “Oggi è rivolto verso la stella polare, ma tra 10mila anni sarà in un’altra direzione. Questo giro è influenzato dal sistema Terra-Luna e dalla distanza tra i due corpi celesti”, continua il ricercatore.
Misurando i vari cicli nei sedimenti, i ricercatori sono riusciti a calcolare che 1,5 miliardi di anni fa questa precessione era più breve e che la Luna era più vicina alla Terra. Ciò vuol dire che ne ha influenzato il movimento intorno al suo asse. “A ciò ha contribuito anche l’attrito tra le maree e il fondo del mare, che ha prodotto energia che si è dispersa, facendo rallentare, sempre molto lentamente, la Terra”, aggiunge Malinverno.
La conseguenza è che il giorno terrestre era più breve di 6 ore. Non solo. E’ un processo che continua. “La durata dei giorni sul nostro pianeta si sta infatti costantemente allungando, anche se sempre molto lentamente – conclude – Probabilmente tra 1,5 miliardi di anni in più, le giornate sulla Terra saranno ancora più lunghe di altre 6 ore”. Ore che forse serviranno a riposare o lavorare di più.
